20 novembre 2024 (ud. 10 settembre 2024) n. 42968 - sentenza - Corte di cassazione - sezione III penale* (Omicidio colposo aggravato dalla violazione di disposizioni in tema di sicurezza del lavoro - Società datrice di lavoro dell’infortunato accusata dell’illecito amministrativo ai sensi degli artt. 5 e 6 del d.lgs. 231/2001 avendo gli imputati omesso di adottare le misure previste dalla legge allo scopo di eseguire i lavori in modo più rapido e meno costoso, in assenza dell'adozione dei modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire reati quale quello verificatosi - Contestata inosservanza di obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in quota previsti dall’art. 111 del d.lgs. n. 81/2008 - L’erronea applicazione dell'art. 111 d.lgs. n. 81/2008 non può essere considerato motivo di impugnazione esclusivamente personale ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 587 cod. proc. pen., ha diretta incidenza sull’accertamento del reato ascritto agli imputati)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE `
Composta da: Gastone Andreazza - Presidente
Vittorio Pazienza - Relatore
Antonella Di Stasi
Ubalda Macrì Maria Beatrice Magro
ha pronunciato la seguente
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SENTENZA
Sul ricorso proposto da: (X) s.r.l. avverso la sentenza emessa il 30/03/2023 dalla Corte d'Appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Vittorio Pazienza; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Luigi Cuomo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore della società ricorrente … che ha concluso insistendo per l'accoglimento dei motivi di ricorso; udito il difensore di (A) … che ha sollecitato il proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. del proprio assistito, e comunque l'annullamento della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 25/06/2019, la Corte d'Appello di Bologna confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Rimini, in data 21/04/2016, con la quale (A) (quale datore di lavoro della (X) s.r.l., d'ora in avanti: (X)), (B) (quale dirigente della stessa società) e (C) (quale direttore tecnico di cantiere della (W) s.p.a.) erano stati condannati alla pena di giustizia in relazione al delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme in tema di sicurezza del lavoro - loro ascritto nelle rispettive qualità qui appena precisate - di (D), dipendente della (X) (società subappaltatrice di lavori edili affidati in appalto alla (W)).
In particolare, per avere il (A) e il (B) omesso di predisporre il previsto sistema di protezione individuale idoneo a consentire l'ancoraggio durante il lavoro in quota (art. 111, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 81 del 2008), nonché - quanto al (C) - per avere omesso di verificare la presenza dei dispositivi "linea vita", e non averne sollecitato l'adozione alla società subappaltatrice (art. 97, comma 1, del medesimo d.lgs.).
Inoltre, con la medesima pronuncia, la Corte territoriale rideterminava in Euro 40.000 la sanzione pecuniaria irrogata dal primo giudice alla (X), ritenuta responsabile ai sensi degli artt. 5, 6, 25-septies, comma 2, d.lgs. n. 231 del 2001.
A seguito di ricorso del (A) e della (X), tale pronuncia veniva annullata da questa Suprema Corte (Sez. 4, n. 24908 del 25/05/2021), con rinvio ad altra Sezione della Corte bolognese per nuovo esame, in ordine sia alla individuazione della misura di protezione scelta nel caso concreto dal datore di lavoro, onde verificare il rispetto dei criteri indicati dalla norma contestata; sia alla corretta individuazione e fornitura - in relazione al sistema di protezione prescelto - degli strumenti idonei a minimizzare i rischi di caduta del lavoratore; sia anche in ordine alla verifica del nesso causale tra le condotte antidoverose eventualmente accertate e il decesso del lavoratore.
In sede di rinvio, la Corte d'Appello ha per un verso dichiarato non doversi procedere nei confronti del (A), a causa della sua irreversibile incapacità accertata con apposito approfondimento peritale.
Per altro verso, la Corte territoriale ha confermato la sussistenza della responsabilità amministrativa della (X), riducendo peraltro la sanzione pecuniaria ad Euro 30.000.
2. Avverso tale decisione, ricorre la (X), a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge con riferimento al principio affermato dalla sentenza rescindente, alla corretta interpretazione dell'art. 111 d.lgs. n. 81 e alla ricostruzione del nesso causale. Si censura la sentenza per aver ritenuto che la condotta omissiva ascrivibile alla società ricorrente, ed il nesso causale tra tale condotta ed il decesso del (D), fossero già stati accertati dalla prima sentenza d'appello, divenuta irrevocabile per il (B) ed il (C): in particolare, si deduce una macroscopica violazione dell'art. 627, comma 3, cod. proc. pen., nell'attribuzione alla condanna del (B) della qualifica di "primo titolo autonomo" per ravvisare la responsabilità della (X). A tale ultimo riguardo, la difesa censura il percorso argomentativo della Corte d'Appello, la quale - anziché procedere agli accertamenti prescritti in sede rescindente - aveva confermato la responsabilità della (X) utilizzando le argomentazioni già cassate dalla Suprema Corte: laddove invece l'accertata presenza della piattaforma elevatrice (dispositivo di sicurezza collettiva da ritenersi adeguato nel caso concreto), nonché l'attività di formazione dei lavoratori tra cui il (D) (accertata dal giudice di primo grado) circa l'utilizzo delle piattaforme, avrebbero dovuto indurre il giudice di rinvio a conclusioni opposte.
2.2. Violazione degli artt. 627 comma 3 cod. proc. pen., e 5 d.lgs. n. 231, con riferimento alla ritenuta sussistenza di un vantaggio ottenuto dalla società ricorrente. Si censura la valorizzazione sia del risparmio di spesa per l'acquisto delle "linee vita", in quanto erano stati adottati strumenti di protezione collettiva ben più costosi (circa Euro 70.000) rispetto a quelli di protezione individuale; sia la valorizzazione del risparmio di tempo ottenuto facendo salire il lavoratore in quota con una scala in opera anziché con la piattaforma elevatrice, trattandosi di argomentazione meramente presuntiva, non sostenuta da parametri oggettivi quanto alla riduzione dei tempi di lavorazione.
3. Con requisitoria ritualmente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita il rigetto del ricorso, ritenendo la sentenza adeguatamente motivata sotto tutti i profili denunciati.
4. Con memoria di replica, il difensore della ricorrente evidenzia che i profili denunciati con il ricorso attenevano .....
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